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Giugno 2002 - Cambio della Campana. Franco di Marco riceve il Melvin Jones Fellow
Giugno 2002 - Cambio della Campana:
Franco Di Marco riceve il Melvin Jones Fellow tra il Past Presidente Vito Nicosia a sinsitra e il Presidente Francesco Bianco a destra

SALE E DINTORNI

Gustoso corsivo di Carlo Palazzolo
Museo del Sale - Primavera 1993

Carlo Palazzolo Buona parte del materiale inserito nel sito proviene dall'archivio personale del socio Carlo Palazzolo, addetto stampa del Lions Club di Trapani, Certificate of Appreciation Awarded anno sociale 1994-1995, Addetto Stampa IX Circoscrizione anno sociale 1995-1996, Melvin Jones Fellow 2003-2004
Conviviale "rustica" al Museo del sale, una ghiotta occasione per i Lions Trapanesi di ritrovare sapori antichi. Accoglienza di classe all'ombra di una vela a doppia sella (allestimento Caruso), poi alla pinnata dove - altro che roba con le bollicine e sapore che non ti sbagli - sfolgorava, vivaddio, vino.
Vino di qua, color del miele. Immaneva, intanto, fresca e protettiva l'ombra maestosa del vecchio mulino a vento. Aprirono olive, salsiccia pasqualora, tuma; né c'era da aspettarsi seguito di Fieste, Danoni, Fruttoli e quant'altro rendesse soave l'alito (in quanto al fegato chissà). E infatti sulla soave tavola imbandita all'interno, incorniciati da spighe e fiori di campo dentro pale di ficodindia e ciaramiri, esplodevano invece busiate al pomodoro e melanzane, pasta alla marinara, pesce spada, tonno marinato, un subisso di capperi in insalata, fragole, gelato. L'utenza assaggiò, assaporò, arresa e soddisfatta tanto da disporsi benevolmente ad ascoltare la relazione "Sale e dintorni" di Franco Di Marco. Questi cercò di mantenersi sul soft, intercalando storia,economia e aneddotica su questo modesto eppure straordinario minerale che ha attraversato da protagonista la storia del mondo. Il solarium, la via Salaria.
La tassa sul sale ne la Espana antiqua si chiamò, indovina un po'?, la estancada, come quelle che ci deliziano oggi, e sempre. salatissime, tasse sul sale in ogni tempo e in ogni latitudine, e una la escogitò perfino Federico II di Svevia.
L'illuminato sponsor della Scuola Poetica Siciliana. Sale come potenza, perché strategica merce di scambio e occasione di penetrazione dei mercati; grandissima quantità ne trattò la Serenissima e quando le mancò l'essenziale apporto di Cipro, caduta in mano ai Turchi nel 1573, fu Trapani a rifornire massicciamente l'illustre cliente.
Guerre per il sale ne combatterono finanche papi come Giulio II contro Ferrara e Paolo II contro una sommossa di Perugini; vere e proprie monete di sale a Kaindù, ne parla Marco Polo e il cambio era di 80 di queste monete per un "saggio" d'oro; statue e bassorilievi di sale scolpiti dai cavatori nella miniera di salgemma a Wieliczka in Polonia. Sale come pena e fatica: un salinaio percorreva trenta chilometri al giorno, di cui sei in salita, con un cesto di quaranta chili sulle spalle: oggi ci sono carriola e nastro trasportatore.
Sale, rimedio apotropaico principe. A Modica: "Acqua e Sali, o gran Signora, pi livari sta fattura"; il sale è importante: "to sit above the salt", in inglese, letteralmente sedere al di sopra del sale, significa sedere nei posti di riguardo. E come stiamo a riserve di sale? Ce n'è, ce n'è. Se di colpo si prosciugassero gli oceani, rimarrebbe al fondo diciotto milioni e mezzo di chilometri cubi di sale, quanto una coltre stesa sugli Stati Uniti, spessa due chilometri e mezzo.
Un po' se ne estrae a Trapani: 80 mila tonnellate annue, che presto diventeranno 100 mila, un quarto del fabbisogno alimentare nazionale, non è poco. Azi non si estrae, non si produce: si coltivae si raccoglie. Come per prodotti della terra, il raccolto dipende infatti da fattori che vanno al di là dalla volontà dell'uomo: il mare da cui proviene, il sole che produce l'evaporazione, il vento che la agevola e che un tempo anche moveva, a raffinarlo, le pale del mulino.

Carlo Palazzolo


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